Dopo lunghi anni di negoziazioni e di diniego della maggior parte dei paesi del continente africano, il parlamento del Ghana ha dato la sua approvazione all’allestimento di una base militare americana sul territorio. In cambio di 20 milioni di dollari e di addestramento per le forze armate ghanesi, il governo ha concesso agli Stati Uniti la libertà di trasferire soldati e attrezzature militari in Ghana, di installare una base militare, di non far pagare le tasse al personale statunitense e di non pagare le imposte sull’import-export. Questi accordi presi in quasi totale segretezza e sempre rinnegati dalle forze politiche, una volta venuti alla luce grazie ad un media locale, hanno provocato la dura reazione dell’opinione pubblica e della minoranza politica. Questi hanno interpretato l’azione del governo come una svendita di una nazione sovrana alla (pre)potenza statunitense, del suo presidente e del suo ministro della difesa.
Molti opinion leader dei talkshows radiofonici dicono che questo accordo è stato il più grande errore della presidenza di Nana Akufo Ado, che dopo essersi distinto per le sue dichiarazione alle elezioni presidenziali (one district one factory, Free senior high school, Ghana Beyond aid, le riforme agrarie…), rischia di non avere un secondo mandato.
Inoltre molto dibattuta è stata la questione terrorismo. La motivazione che sta alla base dell’accordo USA-GH è quello di istituire un programma di sicurezza e lotta al terrorismo. Terrorismo che ora i cittadini temono arrivi anche qui, perché come si sa, si è sempre presentato e rafforzato la dove c’è la presenza americana, ed ora il Ghana è sotto il mirino dei gruppi estremisti.
E intanto la figlia di Kwame Nkrumah ricorda, in un post su Facebook, le parole del primo presidente panafricanista. “Se non uniamo e mettiamo insieme le nostre forze militari per la causa della difesa comune, i nostri Stati spinti da un senso di insicurezza possono essere portati a stringere patti con potenze straniere, cosa che può finire per mettere in pericolo la sicurezza di tutti noi“.
Niamke N. Lynda