Quando ai Tg si è iniziato a parlare del coranovirus e del suo dilagare in Cina, mi è capitato di parlare di quali effetti devastanti questo virus avrebbe avuto in Africa, visto che ancora in molte zone il sistema sanitario è poco efficiente. Ma ora il virus ha dimostrato che anche in uno stato come l’Italia non è facile debellarlo, infatti il bel paese è ormai una enorme zona rossa e tra gli sforzi dei medici ed infermieri siamo tutti chiamati a fare la nostra parte restando a casa per bloccare il diffondersi dell’epidemia. Di punto in bianco abbiamo visto tutti un cambio drastico nelle nostre abitudini quotidiane: non possiamo toccare, abbracciare e baciare i cari e amici, tanto meno fare le uscite a gruppi. Mezzo isolati nelle nostre abitazioni, ciascuno cerca di vivere in maniera alternativa la quarantena forzata. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di darvi informazioni, annedotti, immagini e tanto altro che vi permettano per un breve lasso di tempo di evadere dalla quotidianità.
Come dicevo prima, sono cambiate le nostre abitudini sociali, ma visto la portata e la velocità crescente del virus, sono cambiate anche le abitudini sociali negli altri Stati. E in Africa? Qual’è la situazione li? E’ con grande piacere che leggo di persone che ricevono chiamate e messaggi da parte di amici in Africa che esprimono la loro solidarietà, la loro vicinanza e il ricordarsi di noi, dell’Italia nelle loro preghiere. Ma dall’altra parte si sta piano piano verificando quello che ad inizio emergenza temevo. Nel periodo del picco dell’emergenza cinese si parlava di 3 infettati in Africa: un cinese in Egitto e due italiani in Algeria e Nigeria. Ma siamo passati a 12 e ora a 134 nuovi casi in tutto il continente.

L’Africa però non si fa trovare impreparata. Circa quattro settimane fa soltanto il Sudafrica e il Senegal erano gli stati ad avere gli strumenti per individuare i casi, ma adesso le cose sono cambiate. Sono ben 40 gli stati che hanno la possibilità di diagnosticare la presenza del virus e 8 sono pronti ad affrontare l’eventuale diffusione dell’epidemia.
In Kenya ad esempio per aumentare la prevenzione viene usata la tecnologia. Il ministero della salute ha infatti lanciato un progetto che vede l’uso degli smartphone per la divulgazione delle informazioni sanitarie su come contrastare il diffondersi del virus, attraverso una coretta igene. Il programma messo a punto dall’AMREF Health Africa, chiamato Leap è quello di una piattaforma che ha lo scoppo di ridurre la disinformazione all’interno delle comunità locali e remote, migliorare la sorveglianza, monitorare la diffusione e fare una diagnosi anticipata. La sfida di Leap è quello di contenere il virus attraverso la corretta informazione e condotta della popolazione, perchè più corrette sono le informazioni a disposizione di tutta la popolazione, più efficace diventa la prevenzione.
Nel frattempo tonnelate di disinfettati, in Kenya cosi come in altri stati sono distribuiti nelle città e nelle zone rurali, le persone oltre a ricevere sempre informazioni su come evitare un possibile contaggio, sono invitate a ridurre al minimo la convivialità e una moltitudine di infermieri vengono formati su come affrontare l’emergenza coronavirus.
Il nostro pensiero e ringraziamento va a quell’esercito di persone in camice, qui in Italia, ma anche all’estero che non possono rimanere a casa come noi, e che lottano 24h su 24h negli ospedali per salvare le vite. Un grazie di cuore per quello che fatte e anche noi facciamo il tifo per l’Italia e per il mondo intero.