Da quando sono arrivata in Ghana, mi sono ritrovata a studiare attentamente lo stile di vita dei giovani ghanesi e il loro modo di vestire. Dopo aver fatto un reportage per GBC circa due anni fa e scritto un articolo sui giovani ghanesi che stavano abbandonando la loro cultura per adottare quella importata, è stato estremamente entusiasmante scoprire che le cose stanno cambiando. La cultura tradizionale sta tornando in auge: la musica e la moda s’ispirano al passato e la interpretano in chiave moderna.
In questo articolo vorrei parlarvi di una bellissima tendenza che unifica tutto il Ghana dal punto di vista culturale: lo smock. Lo smock è una camicia a righe simile al dashiki, indossato sia dagli uomini che dalle donne. Questo indumento si presenta sotto due forme: vestito per le donne e camicia per gli uomini; si trovano anche i pantaloni a cavallo basso. Lo smock è anche chiamato Bun-nwↃ o Bana dai Mamprusis, fugu o batakari nelle regioni del nord, dansika nel dialetto Frafra, futik nel dialetto Kusaal dell’upper east region. Cosi come il kente, la stoffa simbolo del Ghana, lo smock era un indumento indossato solo dai regnanti nelle regioni del nord, ma oggi è popolare in tutto lo stato da diventarne uno simbolo.
Lo smock è fatto con fili di cottone colorati intessuti a mano o a macchina con lo stesso meccanismo dell’intessitura del kente, poi cucito. Normalmente è un top allentato con lavorazioni ricamate sulla scollatura a V, sulle maniche e l’orlo, che fanno pendant con il capellino kufi o Fez.
Storicamente lo smock era rarissimo sia in Ghana che in occidente; solo negli anni 1990, si è iniziato a vedere in occidente alcuni migranti del Ghana indossarne. Le cose hanno iniziato a cambiare quando la visione dei film prodotti in Ghana come “I Knew nothing till you taught me” sono aumentati presso i neri americani e i caraibici. Negli anni recenti gli afrodiscendenti hanno iniziato a indossare lo smock per andare in chiesa, alla moschea, ai festival e alle celebrazioni ufficiali. Oggi è indossato anche per andare a lavoro e nella quotidianità.
“L’Africa è il nostro centro gravitazionale, la nostra madre culturale, il nostro cuore pulsante ovunque ci troviamo sulla terra” disse John Henrik Clarke, storico afro americano, professore e pioniere del panafricanismo. Se siete dei fieri africani, non potete non essere d’accordo con il professore. Non importa dove vi troviate su questo pianeta, nel profondo del vostro cuore rimarrete sempre connessi alla vostra radice; che siano i vostri gesti, o la vostra personalità o modo di vestire, tutto è riflesso della grande madre Africa, di cui condividiamo l’amore, la cultura e le tradizioni. Osteggiate la bellezza e la grandiosità della vostra cultura.
Niamke N. Lynda