Alla fine degli anni 70, nelle strade di Abidjan, capitale economica della Costa d’Avorio, nasce il nouchi (pronunciato nu-ci). Ad inventare questo linguaggio, sono stati gli alunni che abbandonavano la scuola. Infatti, il nouchi è un mix tra le lingue delle 62 etnie della Costa d’Avorio, il francese, lo spagnolo e l’inglese (lingue studiate nel sistema scolastico ivoriano). Il nouchi è quindi considerato una lingua ibrida.
La parola “nouchi” proviene dalle lingue mandinghe come il malinke, il dioula e il bambara. Essa è composta da “nou” che significa “narici” e di “chi” che significa “pelli” e quindi la traduzione letterale di “nouchi” è “pelli delle narici”. Il primo significato di questo nome è legato, secondo alcuni coniatori, all’immagine dei bambini sporchi e nudi che corrono per le strade nei documentari sull’Africa che gli occidentali diffondono. Infatti, all’inizio, era considerata nouchi, una persona sporca. Il secondo significato è riferito ai baffi dei cowboy nei filmati western. Questo perché un nouchi è un tipo tosto anche tutt’ora.

A far conoscere il linguaggio, sono stati i giornalisti ivoriani Alain Coulibaly e Bernard Ahua che vi hanno scritto un articolo il 06 settembre 1986 nel giornale “Fraternité Matin”. In quegli anni, il nouchi era un codice tra i giovani emarginati della società che lo usavano per raggiungere i loro fini: truffa e furto. Poi divenne un linguaggio alla moda per esprimere lo stile di vita all’ivoriana. Le parole venivano accompagnate da gesti ben precisi. Chi sapeva abbinarli era rispettato nella capitale. Da lì, si distingueva un “gaou” ingenuo o uno “yèrè”, qualcuno alla moda.

Il nouchi ha così iniziato a sedurre. Non era più considerato gergo di strada, bensì una lingua nella quale tutto il popolo ivoriano si riconosce. In assenza di una lingua nazionale, il nouchi li identificava e li riuniva. Le parole e le espressioni del nouchi si ritrovano un po’ ovunque nelle conversazioni di diverse classi sociali. Nella musica ivoriana, principalmente nel genere “zouglou”, l’utilizzo del nouchi è molto frequente, quasi indispensabile. Addirittura qualche uomo politico fa discorsi in nouchi quando c’è da rivolgersi alla gioventù. Parole come “bobaraba”, “engager” o “lolo” sono conosciute e usate negli altri paesi francofoni grazie a cantanti come Meiway e comici come Gohou Michel. All’estero, è una specie di carta d’identità degli ivoriani perché si riconoscono tramite essa.
Oggi è con tanto orgoglio che gli ivoriani constatano l’inserzione di due parole nouchi nel dizionario francese “le petit Larousse”: “s’enjailler” e “boucantier“. il primo significa “godere al massimo”, il secondo (sostantivo) è uno “showman”.
Allora, che dite? Possiamo fare un quiz speciale nouchi?
Andress Kouakou