Il rastafarianesimo non è solo un’attitudine o una pettinatura, ma è prima di tutto un credo religioso e come tale deve essere rispettato come tutte le altre religioni. Questo lo ha deciso la sentenza del giudice Keniota Enoch Chacha Mwita, il 13 settembre in un caso che coinvolgeva una ragazza di 15 anni bandita da scuola perché porta i dreadlocks, come d’altronde il resto della sua famiglia. Il motivo dell’espulsione era che i dreads non rientrano nel canone stilistico istituito dalla costituzione scolastica della Olympic High School di Nairobi.
Tutti attribuiscono il rastafarianesimo alla Jamaica, ma le origini storiche di questa fede la collocano in Etiopia nel 1930. Nasce come religione monoteista erede del cristianesimo e deve il suo nome a Ras Tafari Maconen, imperato dell’Etiopia salito al potere nel 1930 con il nome Hailé Selassié I e i titoli di Re (negus neghesti), Eletto da Dio, Luce del mondo e Leone conquistatore della tribù di Giuda.
In lui molti riconoscevano la reincarnazione di Gesù Cristo, essendo un diretto discendente della tribù di Giuda, che affonda le sue radici nell’incontro tra re Salomone e la regina di Saba. L’incontro tra queste due figure storico religiose oltre ad essere narrato nella Bibbia e nel Corano, lo troviamo anche nel Kebra Nagast, libro sacro che ricopre un ruolo importante nella tradizione della Chiesa ortodossa d’Etiopia, e tutti i rasta ci fanno riferimento, cosi come anche lo stesso Ras Tafari.
Oltre ad essere attribuite alla Jamaica, il culto rasta viene concepito con un significato diverso da quello religioso: nazionalismo etiopico, che auspica l’emancipazione non solo politica, ma anche spirituale e culturale. Dagli anni 80 del 1900 la cultura rasta si diffonde oltre i confini dell’Etiopia grazie a Bod Marley e Peter Tosh attraverso il reggae, genere musicale giamaicano che ne veicola la teologia e predica l’amore e l’uguaglianza tra tutte le etnie.
“Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi per liberare l’Africa e gli africani. Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: L’Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra Patria … Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra.” Cantava Bob Marley.
I rastafariani si riconoscono fisicamente per i dreadlocks che caratterizzano la chioma di molti fedeli. Si tratta di una pratica facoltativa, ma farlo vuol dire consacrare la propria testa e quindi non tagliarsi mai i capelli e tanto meno pettinarli, ma lasciarli crescere puri, integri come Sansone e custodirli gelosamente. Essere un vero rastafari vuol anche dire essere completamente astemi e stare lontani da cimiteri e cadaveri.
“Conservate la vostra cultura, non abbiate paura dell’avvoltoio, fatevi crescere i riccioli” – Bod Marley