La felicità è come l’acqua. Non disseta e non bagna. E’ passeggera e per questo preziosa. Questi due elementi simili e dissimili tra loro sono un tema ricorrente nelle fiabe africane di Chinelo Okparanta. Leggere le sue storie vuol dire immergersi in un mondo sorretto da parole antiche, ascoltate di nascosto mentre si cucina il riso jollof.
La felicità è come l’acqua è il racconto di una società patriarcale in cui le donne fanno di tutto per schiarirsi la pelle nel tentativo di assomigliare alle modelle della rivista Cosmopolitan. E’ il racconto in cui donne senza la gioia del parto vengono ripudiate dai mariti ed etichettate come mgbaliga, «botti vuote». E’ il racconto di pozioni sciamaniche mietono morti e di nuova ricchezza raggiunta avvelenando pozzi e parchi giochi. La felicità è come l’acqua è anche una storia d’amore lontano per una donna che vive negli Stati Uniti.
“Grace è seduta accanto a me e non posso fare a meno di pensare che forse la soglia della gioia è di per sé una forma di felicità”…
Eppure la Nigeria, impersonata da un padre violento, insegue una bambina e sua madre fino Boston eppure dentro i campus universitari in cui convivono africani, caraibici e indiani.
Questa raccolta di racconti potenti, spiazzanti, e a tratti malinconici sono scritti con un linguaggio secco, senza fronzoli e raccontano la lotta quotidiana di donne, ragazze, figlie schiacciate dal maschilismo, soffocate dai pregiudizi, diminuite dalla superstizione, annichilite dalla violenza, prigioniere di fidanzati, fratelli, padri, mariti e di una tradizione patriarcale che le disprezza e le mortifica. Quello che Okparanta ci svela è una Nigeria avvolta nelle sue credenze, in una tradizione incrollabile, in riti di stregonia, nella scaramanzia, nell’obbligo del rispetto e sottomissione agli uomini di casa.