Tatuare il corpo è una tradizione che accomuna molti gruppi etnici in Africa, ma quella dei Berberi che risale al periodo pre islamico, sta letteralmente scomparendo.
I berberi, letteramente uomini liberi tra città e deserto, sono una popolazione autoctona molto numerrosa che troviamo nell’Africa settentrionale tra il Sahara occidentale e la Libia. Questa popolazione si differenzia per molte caratteristiche da quella araba che si è stanziata in quelle zone a partire della conquista del 7° secolo d.C. Tra loro sono noti, oltre alle varie tribù del Marocco, i Cabili dell’Algeria e i Tuareg del deserto.
I Berberi si contradistingono per i tatoo che le donne Amazigh (una delle tribù berbera) portano in faccia, sui piedi, le braccia e su altre parti del corpo. Questo viene fatto non solo per bellezza ma anche indicare il proprio status sociale, ma anche per invocare protezione. I disegni sono simbolici e si crede che inducano fertilità, curino dalle malatie, e prottegano contro gli spiriti. Le ragazze vengono tatuate fin dalla giovane età seguendo un rito di passagio dalla giovane età a quella adulta. I tatuaggi poi accompagnano per tutta la vita le ragazze: il primo disegno è quello della fertilità siyala e dopo la pubertà i disegni sul loro corpo aumenta. Con il cambiare dello status sociale della ragazza, evolgono anche i tatuaggi sul suo corpo. Con la globalizzazione e l’influenza dell’islam nella società però, questa antica tradizione sta scomparendo.
Tradizionalmente i bellissimi disegni sono segni distintivi tra tribù e tribù che raccontano la storia della propria tribù d’appartenenza. Era un modo per legarsi alla propria gente e alla propria terra. Oggi le anziane della popolazione berbera sono l’ultima generazione ad essere tatuate.