Secondo alcuni antropologi la tribù più vecchia d’Africa è quella degli Hadza. Conosciuti anche come Hadzabe e considerati come i discendenti del popolo khoisan, gli Hadza sono una tribù di cacciatori raccoglitori che vive nel nord della Tanzania, tra il lago Eyasi, la Great Rift Valley e nelle vicinanze della pianura del Serengeti, all’ombra del cratere Ngorongoro. Si trovano anche nei pressi della gola di Olduvai, uno dei siti archeologici più importanti del mondo dove l’Homo habilis ha vissuto circa 1.9 milioni di anni fa. Secondo gli storici e alcune evidenze archeologiche, questa zona è sempre stata abitata da cacciatori raccoglitori come gli Hadza già agli inizi di Stone Age (circa 50mila anni fa) e questo fa degli Hadza, probabilmente l’unica tribù del pianeta che occupa ancora la sua casa ancestrale.
Come molte zone remote dell’Africa di cui nessuno sa quasi niente, la storia dell’origine degli Hadza non è ben chiara, infatti tutto quello che si sa, ha come fonte la cultura a trasmissione orale. C’è una legenda che narra di come la terra fosse stata abitata da pelosi giganti, chiamati Akakaanebe che non possedevano nessun strumento e il fuoco; cacciavano e mangiavano la carne cruda; dormivano sotto gli alberi, come fanno gli Hadza nella stagione secca. A questi giganti sono succeduti un’altra generazione di giganti non pelosi, i Tlaatlanebe che sapevano usare il fuoco per cucinare. Questa nuova generazione viveva nelle caverne e fu la prima a usare la medicina e gli incantesimi per proteggersi dalle malattie e dai nemici. A questi, succedono gli Hamakwabe, gli uomini moderni, piccoli di statura, inventori di utensili, costruttori di case. Sono gli antenati degli Hadza. Alcuni studi di ricerca genetica suggeriscono che questa tribù sia molto vicina ai pigmei, ma allo stesso modo possono essere collegati a diverse tribù africane e questo fa di loro, la radice dell’albero genealogico dell’umanità.
Con lo scorrere degli anni, nonostante le invasioni tribali dei Bantu, Isanzu e Masai, le varie politiche governative e gli stili di vita dei colonizzatori, a cui gli Hadza sono stati soggetti, insieme ai molti cambiamenti come l’introduzione dell’agricoltura e il sedentarismo, la tribù Hadza è riuscita a mantenere intatta la sua cultura. Oggi circa 1300 Hadza vivono ancora secondo la tradizione: durante la stagione secca si accampano fuori tra gli alberi e viaggiano raramente. Abitano in 30 per accampamento a seconda della stagione: tra giugno e dicembre gli accampamenti sono pochi, poichè si concentrano attorno alle scarse fonti di acqua, ma contano molti membri. Ogni 4/6 settimane viene cambiata la location così come i membri componenti.
La vita di questa tribù è molto semplice: non hanno nessun calendario e nessun orologio a scandire le loro giornate e le loro attività; vivono la quotidianità secondo i loro tempi. Ad ogni alba lasciano i campi per andare a raccogliere i frutti del baobab, miele e frutta selvatica; mentre le donne scavano per cercare i tuberi selvatici gli uomini cacciano con le frecce. Anche se la caccia è un’attività individuale, gli uomini Hadza preferiscono farlo in coppia (soprattutto la sera), molto spesso accompagnati da giovani ragazzi a cui insegnano le varie tecniche di caccia.
La condivisione del sapere, ma anche di molti aspetti della quotidianità è fondamentale per questa tribù: la cacciagione, indipendentemente da chi ha cacciato, viene divisa tra tutti i membri dell’accampamento. Pare che abbiano una società egualitaria, una società in cui non c’è una prevaricazione dell’uno sull’altro. Attenzione le donne non sono considerate uguali agli uomini! ma sono per lo più indipendenti: sposano chi vogliono in un rapporto monogamico (e questo per l’Africa dei tempi passati è una novità pazzesca) e raramente si sposavano con membri di altre tribù.
Un’altra particolarità di questo gruppo etnico, oltre all’essere il più longevo dal punto di vista culturale, non hanno mai sperimentato la carestia, cosi come malattie infettive; questo perché non sono un popolo di forte densità demografica, hanno una dieta stabile e variegata e si godono letteralmente la vita. Secondo gli antropologi, passano dalle 4 alle 6 ore alla ricerca di cibo (caccia e raccolta) e tutto il resto del tempo è tempo libero. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, non lasciano nessuna traccia del loro passaggio.
Anche loro, come una buona parte della popolazione africana, credono nella mitologia e in figure mitologiche che sono responsabili della loro esistenza, come ho precedentemente raccontato ; ed è forse grazie ai miti che la loro è rimasta fino a oggi, continuando a trasmettere il bello del vivere armonioso tra loro stessi e gli altri.