In Africa, come ormai ben saprete, la parola è sacra. La parola insieme alla voce sono stati mezzi di trasmissione della cultura dall’inizio dei tempi fino ad oggi e tutt’ora, nonostante l’avanzamento tecnologico, sono ancora un mezzo potentissimo.
La cultura e la tradizione sono sempre state trasmesse dagli anziani delle tribù, biblioteche viventi e custodi della “verità”, ma accanto alla loro figura c’era e c’è anche quella del griot.

Il griot è un poeta e cantastorie che presso alcuni popoli ha il ruolo di conservare la tradizione orale degli antenati. È anche colui che tesse i legami tra passato e presente, tra tradizione e modernità. Questa figura ha ancora una funzione molto attiva nelle comunità dei paesi dell’Africa occidentale sub-sahariana come Mali, Gambia, Guinea, Senegal e Burkina Faso, specialmente presso le popolazioni Mandé (Mandinka, Malinké, Bambara), Fula, Hausa, Toucouleur, Wolof, Sérèr, e altri.
Il termine griot, che potrebbe sembrare in lingua vernacolare, in realtà è di importazione: è un termine europeo con cui i viaggiatori francesi del 17° secolo hanno nominato quella figura sociale che aveva il compito di trasmettere al popolo la conoscenza delle proprie origini e della propria cultura.
Questo significa dunque che ogni popolazione africana ha il termine per riferirsi al divulgatore della cultura. Nelle zone in cui si parla malinké (Mali meridionale, Guinea settentrionale, Costa d’Avorio, Senegal, Gambia, Burkina Faso occidentale), lo chiamano djeli, djali. La parola djeli, nelle diverse varianti, significa “trasmissione attraverso il sangue“, e si riferisce al modo in cui le conoscenze dei griot sono tramandate di padre in figlio.
Non a caso, sviluppatosi in un contesto storico in cui la scrittura non era la prassi, il mestiere di griot si è impostato come un mestiere di tipo familiare che si trasmette di padre in figlio o comunque all’interno della stessa famiglia.
In lingua peul ( lingua parlata in Senegal settentrionale, Guinea nord-occidentale e settentrionale, Mali centrale, Niger, Nigeria e Camerun settentrionale) invece, il griot si dice gawlo mentre guéwèl o géwel è l’espressione usata nei paesi di lingua wolof, significa “formare un cerchio attorno a qualcuno”.

Il griot in genere appartiene alla casta dei musicisti e partecipa ad ogni avvenimento che prevede il riunirsi di tutta la comunità. Non solo dunque fa uso della parola, ma si accompagna spesso con strumenti musicali: la kora, il balafon, lo Ngoni e il djembe. In alcune circostanze può essere utilizzato anche il canto.
La tradizione dei Griot è un mestiere che può essere praticato indistintamente sia dagli uomini che dalle donne, le Griottes.
Grazie delle informazioni sul Griot, sto lavorando a una mostra sull’Africa che si terrà nel 2023 al Museo Archeologico del Canavese e sarà accompagna da una ricca pubblicazione
Grazie per aver letto! Hai qualche link dove poter vedere qualcosa della mostra o semplicemente per saperne di più? Grazie 🙂