Vedi, il lavoro del narratore è narrare, non altro. Gente come me, come Nadine Gordimer, Chinua Achebe o altri, non solo africani, non abbiamo deciso di essere qui, ci siamo trovati semplicemente a percorrere una strada a senso unico. Non siamo noi ad aver deciso di essere kossovari, somali o sudafricani. Ci siamo trovati in questa situazione. A causa della tumultuosità della storia, anche se uno si rifiuta di vivere su una strada a senso unico, è il senso unico a dirti dove devi andare.
Nuruddin Farah – Convegno Roma 2005
Nuruddin Farah è uno scrittore somalo nato nel ’45 a Baidoa, allora Somalia italiana, che ha vissuto in America, Africa e diversi paesi europei tra cui anche l’Italia, per sfuggire alle ripercussioni politiche dei suoi scritti. La bibliografia di Farah vede romanzi, poesie e opere teatrali, ed è tutto in gran parte incentrato sui temi della liberazione delle donne nella Somalia postcoloniale, della storia somala, e dell’attuale situazione politica del paese.
Fra le sue opere principali si possono citare:
Un ago nudo (A Naked Needle 1976), in cui l’autore usa una leggera storia d’amore interrazziale e interculturale per rivelare un’immagine orribile della vita somala postrivoluzionaria a metà degli anni ’70.
I tre romanzi della trilogia Variazioni sul tema di una dittatura africana: Latte agrodolce (Sweet and Sour Milk) del 1979, Sardine (Sardines) e Chiuditi Sesamo (Close Sesame) del 1982. Questa trilogia tratta della vita sotto una dittatura, in cui gli slogan ideologici mascherano a malapena una società quasi surreale e i legami umani sono stati interrotti da terrore e terrore.
Una seconda trilogia iniziata nel 1986, Sangue nel Sole (Blood in the Sun) che comprende Mappe (Maps) del 1986, Doni (Gifts) del 1992 e Segreti (Secrets) del 1998.
Nel 2000 ha pubblicato il risultato di molti anni di ricerche sulle vicende dei profughi somali, in un saggio intitolato Ieri, domani. Voci dalla diaspora somala (Yesterday, Tomorrow. Voices from the Somali Diaspora).
Alcuni suoi libri sono stati tradotti dall’inglese in somali, lingua che prima di Farah non aveva una tradizione letteraria scritta.