• Gio. Ott 3rd, 2024

FARAFINA'S VOICE

"La cultura non fa le persone. Sono le persone a fare la cultura. Il razzismo non dovrebbe esistere, però non vinci un biscotto se lo combatti" - Chimamanda Ngozie Adichie

La disabilità in Africa: tra record paralimpici e credenze ancestrali

I 17esimi Giochi paralimpici di Parigi 2024, hanno avuto più visibilità delle edizioni di Rio 2016 e Tokyo 2020, grazie alla copertura mediatica internazionale enorme. Non solo questa edizione dei giochi ha accresciuto la consapevolezza su quanto gli atleti con disabilità siano una forza della natura pronti a sfidare e sfidarsi, ma sono stati anche il palcoscenico di molti atleti diversamente abili africani da record.

Un esempio? Donald Ramphadi e Lucas Sithole, i primi sudafricani a vincere una medaglia in tennis in carrozzina. Il loro connazionale Mpumelelo Mhlongo, vincitore dei 100 metri T44. I corridori etiopi Yayesh Gate Tesfaw insieme alla sua guida Kindu Sisay e Silesh Yigzaw che vincono rispettivamente un oro olimpico (per lei) e un argento (per lui) nei 1500m T11. La regina dei lanci tunisina Raoua Tlili, vincitrice per la quinta volta consecutiva del getto del peso femminile F41. Mariam Eniola Bolaji del Team Nigeria, la prima medaglia (bronzo) nel badminton. Skander Djamil Athmani del Team Algeria, oro con un nuovo record paralimpico nei 100 metri T13. Lahja Ishitile del Team Namibia che con la guida Sem Shimanda ha vinto la medaglia d’oro nei 400 m T11.

Questi atleti così come tutti gli atleti paralimpici hanno dimostrato e continuano a dimostrare che non c’è nessun limite a ciò che una persona può fare. È difficile, ma non impossibile. Ancora di più in Africa, dove pregiudizi, discriminazioni ed esclusioni sono spesso riservati ai portatori di disabilità.

Il continente africano conta 715 milioni di abitanti e secondo la media ponderata fatta dalla OMS, tra il 5% e l’8% della popolazione è disabile. Si parla dunque di 50 – 60 milioni di persone. Molti di questi sono bambini. Bambini che vivono in condizioni precarie e con pochissime speranze di vita migliore.

La condizione dei disabili africani ha ereditato un passato pieno di superstizioni e pregiudizi. Nonostante il secolo in qui siamo e l’avanzamento tecnologico, in molte zone dell’Africa, i portatori di handicap sono visti come un’anomalia che, per forza, deve venire da un intervento esterno, più o meno spirituale. Se nasce un disabile è perché qualcuno ha fatto il malocchio, oppure i genitori si sono comportati male, oppure conoscenti o parenti hanno fatto dei riti andati male, ecc. Purtroppo i bambini disabili sono considerati una sventura e soprattutto quelli con ritardi mentali sono sentiti come un peso e una vergogna per la famiglia. Tutto questo induce i genitori a nascondere i figli disabili in casa e spesso a trascurarli. Pensate che a molti viene pure negata l’istruzione. Ma ancora peggio, in un passato non troppo lontano, si arrivava fino alla loro uccisione o abbandono nella foresta, dove nella maggior parte dei casi morivano.

Alle superstizioni si aggiunge anche il fatto che in molte nazioni, purtroppo non esiste alcuna forma di assistenza sociale, come nei paesi occidentali e in una realtà dove i genitori fanno affidamento sui figli per poter godere in vecchiaia di un minimo di benessere, il figlio disabile non è un buon “investimento”. Ma tra queste persone alle quali vengono negate molti diritti basilari, possono esserci dei futuri medagliati come la nuotatrice ugandese Husnah Kukundakwe con disabilità agli arti, che quando ha fatto il suo debuto da atleta paralimpica ai giochi di Tokyo 2020, aveva solo 14 anni.

Di Lynda Niamke

Dottoressa in Lingue e culture per l’editoria e in Giornalismo e cultura editoriale. Nata in Costa d'Avorio trasferitasi in Italia all'età di 8 anni, vi ha seguito tutta la sua formazione scolastica. L' amore per l'Africa, la port a fare un'esperienza in Ghana, dove perfeziona quelle che sono le sue conoscenze e competenze orali e tecniche nell'ambito del giornalismo.

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